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Nanobodies: nuove speranze per la cura del Parkinson

 

Uno studio internazionale, guidato dall’Università di Padova e dal VIB-VUB Center for Structural Biology di Bruxelles, ha individuato una promettente strategia per contrastare la malattia di Parkinson. Pubblicato su Nature Communications, il lavoro dimostra che alcuni nanobodies possono migliorare la funzione di una proteina fondamentale per il metabolismo cellulare.

Il ruolo della glucocerebrosidasi nel Parkinson

Il Parkinson, seconda malattia neurodegenerativa più comune, colpisce circa 10 milioni di persone nel mondo. Tra i fattori scatenanti vi è la disfunzione della glucocerebrosidasi, un enzima che degrada specifici lipidi nelle cellule. Mutazioni genetiche possono comprometterne l’attività, causando accumuli dannosi e la progressiva degenerazione dei neuroni.

Una strategia innovativa per ripristinare la funzione enzimatica

Tradizionalmente, i cosiddetti chaperoni molecolari vengono utilizzati per stabilizzare la glucocerebrosidasi, ma tendono a legarsi al sito attivo dell’enzima, limitandone la funzione. I ricercatori hanno invece sviluppato un approccio rivoluzionario basato sui nanobodies, piccoli frammenti di anticorpi prodotti dai camelidi, che migliorano l’attività dell’enzima senza interferire con il suo funzionamento.

Risultati promettenti per future terapie

Gli esperimenti hanno mostrato che alcuni nanobodies riescono a stabilizzare e attivare la glucocerebrosidasi, persino in presenza di mutazioni associate alla malattia di Parkinson. Sebbene i risultati siano ancora preliminari, aprono la strada a nuove possibilità terapeutiche.

Prospettive per il futuro

Secondo gli studiosi, il prossimo passo sarà sviluppare strategie per far arrivare i nanobodies alle cellule cerebrali danneggiate. Con ulteriori ricerche, questa innovazione potrebbe portare a trattamenti in grado di rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti.

Riferimenti

Per approfondire lo studio: .