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#EHA2025 – Mielofibrosi: nuovi dati confermano l’efficacia di momelotinib nei pazienti con anemia

Al Congresso Europeo di Ematologia (EHA), sono stati presentati dati clinici aggiornati sull’uso di momelotinib, inibitore orale di JAK, nei pazienti con mielofibrosi e anemia. I risultati rafforzano il ruolo di questo trattamento come opzione terapeutica efficace, soprattutto per ridurre la dipendenza dalle trasfusioni e migliorare la sopravvivenza.

Un nuovo strumento contro una complicanza precoce e severa

L’anemia è tra le manifestazioni più gravi e frequenti della mielofibrosi: colpisce circa il 40% dei pazienti già alla diagnosi e tende a peggiorare con l’evoluzione della malattia. La recente disponibilità in Italia di momelotinib rappresenta un passo avanti concreto per migliorare la qualità di vita di questi pazienti, spesso costretti a ricorrere a trasfusioni regolari.

Dati clinici incoraggianti: indipendenza dalle trasfusioni e migliore prognosi

Dallo studio SIMPLIFY1 è emerso che il 66,5% dei pazienti trattati con momelotinib ha raggiunto l’indipendenza trasfusionale dopo 24 settimane. Un risultato clinicamente significativo, ulteriormente confermato dai dati dello studio MOMENTUM, condotto su pazienti già trattati con altri JAK-inibitori. I benefici osservati hanno riguardato non solo l’anemia, ma anche la riduzione della splenomegalia e dei sintomi sistemici della malattia.

L’anemia impatta su qualità e durata della vita

«La mielofibrosi può evolvere lentamente o rapidamente, e l’anemia è una delle sue complicanze più debilitanti», spiega il prof. Francesco Passamonti, Direttore dell’Ematologia del Policlinico di Milano. «In molti pazienti si osserva sin da subito una ridotta funzionalità del midollo osseo. Nella fase avanzata, le cellule immature fuoriescono nel sangue e si accumulano in milza e fegato. Il risultato è un insieme di sintomi che possono compromettere anche le attività quotidiane più semplici, come camminare o cucinare».

Secondo il prof. Passamonti, solo una piccola percentuale di pazienti (in genere sotto i 70 anni) è eleggibile al trapianto di midollo, l’unica terapia potenzialmente curativa. «Per la maggior parte dei pazienti, i JAK-inibitori rappresentano lo standard. In questo contesto, momelotinib – assunto una volta al giorno – si distingue per il suo impatto positivo sull’anemia, con una significativa riduzione del fabbisogno trasfusionale».

Migliorare l’emoglobina può significare vivere più a lungo

I dati presentati al Congresso EHA evidenziano che raggiungere livelli di emoglobina superiori a 10 g/dL è associato a una maggiore sopravvivenza. Inoltre, i pazienti che hanno ottenuto l’indipendenza dalle trasfusioni, anche senza una completa risoluzione della splenomegalia, hanno mostrato un miglioramento della prognosi. Ciò rafforza l’importanza di un intervento precoce e mirato sull’anemia.

Una malattia rara ma impattante

La mielofibrosi è un tumore del sangue raro che in Italia colpisce circa 350 persone all’anno, con un’incidenza più alta tra i 60 e i 70 anni. È caratterizzata da fibrosi del midollo osseo, anemia e ingrossamento della milza. Nei casi più severi, può evolvere in leucemia mieloide acuta. Il trattamento si basa su cure di supporto, JAK-inibitori e, nei casi selezionati, trapianto.

GSK: innovazione a servizio della salute

Momelotinib è stato sviluppato da GSK, azienda biofarmaceutica globale. La disponibilità del trattamento in Italia offre una nuova opportunità terapeutica per una popolazione di pazienti con esigenze mediche complesse e finora insoddisfatte.