Crohnostorie: quando raccontare la malattia di Crohn fa la differenza
La malattia di Crohn è una patologia che colpisce circa 150.000 persone in Italia, eppure rimane spesso nell’ombra, circondata da incomprensioni e tabù. Per questo motivo, AbbVie ha lanciato la campagna “Crohnostorie”, un’iniziativa che vuole portare alla luce il vissuto quotidiano di chi convive con questa malattia infiammatoria cronica dell’intestino.
Cos’è la malattia di Crohn e chi colpisce
La malattia di Crohn è una patologia infiammatoria cronica che interessa l’apparato gastrointestinale, caratterizzata da un andamento cronico-recidivante. Questo significa che si alternano periodi di remissione a fasi di riacutizzazione, rendendo la vita dei pazienti imprevedibile e spesso difficoltosa.
Sebbene venga diagnosticata più frequentemente tra i 20 e i 30 anni, la malattia può manifestarsi a qualsiasi età. Nel mondo, sono oltre 2 milioni le persone che ne soffrono, un numero che testimonia l’ampia diffusione di questa condizione.
I sintomi che non si vedono ma si sentono
I sintomi della malattia di Crohn possono variare notevolmente da persona a persona, sia in termini di intensità che di manifestazione. Tra i più comuni troviamo la diarrea persistente, il dolore addominale, la perdita di appetito e di peso. Tuttavia, il sintomo più caratteristico e spesso più invalidante è l’urgenza intestinale, che può costringere i pazienti a modificare drasticamente le proprie abitudini quotidiane.
Si tratta di una malattia che causa disabilità spesso invisibili agli occhi degli altri, ma che incidono profondamente sulla qualità di vita di chi ne soffre. L’impatto va ben oltre i sintomi fisici, influenzando la sfera emotiva, sociale e lavorativa dei pazienti.
L’importanza della diagnosi precoce
Come sottolinea il Professor Massimo Fantini, Segretario Generale IG-IBD, la malattia di Crohn spesso spaventa pazienti e familiari, e molte volte la diagnosi arriva solo dopo che il paziente si è recato in pronto soccorso per sintomi acuti. Questo ritardo diagnostico può essere pericoloso: in caso di diagnosi tardiva, alcuni pazienti rischiano di dover subire interventi chirurgici che potrebbero essere evitati.
La diagnosi precoce è quindi fondamentale per limitare l’impatto della malattia non solo dal punto di vista fisico, ma anche emotivo ed economico. Riconoscere i campanelli d’allarme e rivolgersi tempestivamente a uno specialista gastroenterologo può fare la differenza nel percorso di cura.
Quando la malattia diventa un peso psicologico
Le ricerche evidenziano che circa il 71% dei pazienti con malattia di Crohn vive in costante preoccupazione per la comparsa della successiva riacutizzazione. Questa ansia costante influisce significativamente sulla qualità di vita, creando un circolo vizioso che può aggravare il decorso della malattia stessa.
L’impatto lavorativo è altrettanto significativo: il 23% dei pazienti italiani con malattia di Crohn riferisce una perdita di produttività lavorativa, e chi ha un controllo non ottimale della patologia deve ricorrere ai giorni di malattia molto più frequentemente rispetto a chi riesce a gestire meglio la condizione.
Nuove prospettive terapeutiche
Negli ultimi dieci anni si è assistito a una vera rivoluzione nella gestione della malattia di Crohn. Come spiega il Professor Alessandro Armuzzi, Presidente Eletto ECCO, oggi gli obiettivi del trattamento si concentrano sulla remissione clinica, sulla guarigione della mucosa intestinale e sull’assenza di disabilità.
Questo approccio più completo permette di migliorare significativamente il controllo della malattia e la qualità di vita dei pazienti, spesso senza dover ricorrere all’intervento chirurgico. La ricerca scientifica continua a offrire nuove speranze e strumenti terapeutici sempre più efficaci.
Il ruolo del paziente nel percorso di cura
Un aspetto fondamentale emerso dalle ricerche è l’importanza del coinvolgimento attivo del paziente nella gestione della propria salute. Come evidenzia Salvo Leone, Direttore Generale di AMICI Italia, il Patient Health Engagement significa aiutare le persone a conoscere meglio la propria malattia, a partecipare alle scelte terapeutiche e a sentirsi parte di una comunità che le sostiene.
Quando i pazienti sono informati, motivati e supportati, seguono con maggiore costanza le terapie e adottano comportamenti che favoriscono il mantenimento della remissione clinica. Questo approccio collaborativo tra medico e paziente rappresenta una chiave importante per il successo del trattamento.
Crohnostorie: rompere il silenzio
La campagna “Crohnostorie” si propone di rompere il muro di silenzio che spesso circonda questa malattia. Attraverso un’installazione di forte impatto visivo in piazza del Cannone a Milano e una web series di 7 episodi, l’iniziativa vuole sensibilizzare il pubblico e facilitare la comprensione della malattia.
L’obiettivo è quello di portare il vissuto della malattia di Crohn nella sua complessità sotto la luce del sole, permettendo a chi ne soffre di sentirsi meno solo e incoraggiando chi presenta sintomi sospetti a rivolgersi tempestivamente a uno specialista.
La malattia di Crohn non deve più essere un tabù: raccontarsi, condividere le proprie esperienze e sensibilizzare l’opinione pubblica può davvero fare la differenza nella vita di migliaia di persone.