#EASD2025 – Il diabete di tipo 2 accelera lo sviluppo di altre malattie croniche: lo studio che cambia la prospettiva sulla prevenzione
Una nuova ricerca danese presentata al congresso europeo sul diabete di Vienna rivela un aspetto preoccupante del diabete di tipo 2: non solo rappresenta una malattia grave di per sé, ma agisce come un acceleratore nello sviluppo di altre patologie croniche. Lo studio, che ha analizzato i dati di oltre mezzo milione di adulti britannici, mostra come le persone con diabete sviluppino più rapidamente condizioni aggiuntive rispetto a chi non ne è affetto.
Un’epidemia silenziosa in crescita
Il diabete di tipo 2 è destinato a diventare la più grande epidemia del mondo, con proiezioni che stimano 1,3 miliardi di persone colpite entro il 2050. Non si tratta solo di numeri: dietro queste cifre si nasconde una realtà complessa, in cui il diabete raramente viaggia da solo. Chi ne soffre spesso sviluppa anche ipertensione, insufficienza cardiaca, malattie renali croniche e depressione, creando quello che i medici chiamano “multimorbidità” – la presenza contemporanea di più malattie croniche nella stessa persona.
Finora, però, non si sapeva con precisione quanto velocemente le persone con diabete accumulassero queste condizioni aggiuntive e se questa velocità variasse in base all’età. La ricerca condotta dal team del dottor Jie Zhang dello Steno Diabetes Center di Aarhus, in Danimarca, ha voluto fare chiarezza su questi aspetti cruciali.
Lo studio: mezzo milione di vite sotto osservazione
I ricercatori hanno analizzato i dati di 502.368 partecipanti della UK Biobank, un’enorme banca dati sanitaria britannica che raccoglie informazioni mediche dettagliate su centinaia di migliaia di persone. L’età media dei partecipanti era di 58 anni, con una distribuzione equilibrata tra uomini (54%) e donne (46%).
Per 15 anni in media, gli scienziati hanno seguito l’evoluzione della salute di queste persone attraverso i loro registri medici. Durante questo periodo, 47.725 partecipanti (circa il 9,5% del totale) hanno sviluppato il diabete di tipo 2. I ricercatori hanno poi contato quante altre malattie croniche – tra 80 condizioni diverse considerate – ogni persona ha sviluppato nel tempo.
La metodologia innovativa: confronti equi per risultati chiari
Per capire davvero l’impatto del diabete, i ricercatori hanno utilizzato un approccio statistico sofisticato chiamato “modelli multistato”. Invece di confrontare semplicemente persone con e senza diabete, hanno confrontato gruppi con lo stesso numero totale di malattie croniche.
Per esempio, hanno messo a confronto una persona con diabete e un’altra malattia cronica contro una persona con due malattie croniche diverse dal diabete, osservando quanto tempo impiegava ciascun gruppo a sviluppare una terza condizione. Questo metodo ha permesso di isolare specificamente il ruolo del diabete, eliminando l’effetto confondente del numero totale di malattie già presenti.
Risultati allarmanti: il diabete come acceleratore di malattie
I risultati sono stati chiari e preoccupanti. Le persone con diabete hanno mostrato costantemente tassi di transizione più elevati – cioè hanno sviluppato nuove malattie più rapidamente – rispetto a chi non aveva il diabete.
Un esempio concreto: tra le persone con due malattie croniche, quelle che avevano il diabete come una delle due condizioni sviluppavano una terza malattia al ritmo del 5,7% all’anno. Al contrario, chi aveva due malattie croniche diverse dal diabete sviluppava una terza condizione solo al 3,5% all’anno.
Traducendo questi numeri in termini pratici, significa che le persone con diabete affrontano continuamente un rischio superiore del 60% di ricevere la diagnosi di una nuova malattia rispetto a chi non ha il diabete.
L’età fa la differenza: i più giovani pagano il prezzo più alto
Un aspetto particolarmente preoccupante emerso dalla ricerca riguarda l’età. Analizzando i dati per fasce d’età e controllando fattori come sesso, educazione e indice di massa corporea, i ricercatori hanno scoperto che l’effetto accelerante del diabete è più pronunciato nelle persone più giovani.
I partecipanti con diabete nella fascia d’età 40-55 anni mostravano una velocità di accumulo di malattie significativamente superiore rispetto ai loro coetanei senza diabete, e questa differenza era più marcata rispetto a quanto osservato nelle fasce d’età più anziane.
“Questo risultato sottolinea la necessità di interventi precoci nella mezza età per rallentare la progressione della multimorbidità”, ha commentato il dottor Zhang. “Le ragioni per cui i partecipanti più giovani con diabete sembrano progredire più rapidamente richiedono ulteriori ricerche”.
Il diabete come malattia dinamica: l’impatto cambia nel tempo
Una delle scoperte più interessanti riguarda la natura “dinamica” del diabete. L’associazione tra diabete e progressione delle malattie si è rivelata più forte nelle fasi iniziali della multimorbidità e si è gradualmente attenuata con l’avanzare del numero di condizioni croniche.
Questo significa che il diabete ha il suo impatto più devastante quando una persona è ancora relativamente sana o ha poche malattie croniche. Man mano che si accumula un numero maggiore di condizioni, l’effetto specifico del diabete diventa meno dominante, anche se rimane comunque significativo.
Implicazioni pratiche: ripensare la prevenzione e la cura
Questi risultati hanno importanti implicazioni per la pratica medica e la salute pubblica. Innanzitutto, suggeriscono che le persone con diabete potrebbero beneficiare di strategie di monitoraggio e prevenzione più intensive, particolarmente per quanto riguarda le malattie cardiovascolari, renali e la salute mentale.
In secondo luogo, evidenziano l’importanza cruciale della prevenzione primaria del diabete, specialmente nelle fasce d’età più giovani. Prevenire lo sviluppo del diabete potrebbe avere un impatto a cascata, riducendo significativamente il rischio di sviluppare multiple altre condizioni croniche nel corso della vita.
Infine, i risultati suggeriscono la necessità di approcci di cura “stage-specific” – cioè strategie terapeutiche calibrate sulle diverse fasi dello sviluppo delle malattie croniche, con particolare attenzione alle fasi iniziali quando l’intervento può essere più efficace.
Limiti dello studio e prospettive future
Come ogni ricerca scientifica, anche questo studio presenta alcune limitazioni che è importante considerare. I fattori di rischio come lo status socioeconomico, il fumo, la dieta e altri parametri clinici sono stati valutati solo all’inizio dello studio, senza tenere conto dei cambiamenti avvenuti durante il follow-up.
Inoltre, esiste la possibilità di un “bias di rilevazione”: le persone con diabete ricevono un monitoraggio medico più frequente, il che potrebbe portare a un’identificazione più precoce di altre condizioni croniche rispetto a chi non ha il diabete.
È importante anche sottolineare che si tratta di uno studio descrittivo che non può stabilire relazioni causali dirette. I ricercatori riconoscono la necessità di future ricerche per investigare i meccanismi sottostanti che spiegano questa accelerazione.
Infine, i partecipanti alla UK Biobank sono generalmente più sani e più istruiti della popolazione generale, quindi questi risultati potrebbero non essere completamente applicabili a tutte le popolazioni.
Verso un nuovo paradigma nella gestione del diabete
Nonostante questi limiti, la ricerca rappresenta un importante passo avanti nella comprensione del diabete come malattia sistemica che va ben oltre il semplice controllo della glicemia. Il messaggio principale è chiaro: tra le persone con lo stesso numero di malattie croniche, quelle con diabete progrediscono più rapidamente verso condizioni aggiuntive.
Questa evidenza dovrebbe spingere medici, pazienti e sistemi sanitari a ripensare l’approccio al diabete, considerandolo non come una malattia isolata ma come un fattore di rischio dinamico che richiede strategie di prevenzione e gestione multidimensionali e precoci.
La sfida ora è tradurre queste conoscenze in programmi di prevenzione efficaci e in protocolli di cura che tengano conto di questa realtà complessa, con l’obiettivo di rallentare o prevenire questa pericolosa cascata di malattie croniche che il diabete sembra innescare.