Al via l’indagine nazionale dedicata al ritardo diagnostico nelle malattie rare
di Massimiliano Bordignon
Il ritardo diagnostico, in particolare per chi soffra di malattie considerate rare, è una delle principali problematiche da affrontare per la medicina moderna.
Si stima che in media, in Europa, l’attesa per una diagnosi reale sia circa di cinque anni.
Le cause sono molte – di tipo culturale, sociale, sanitario e territoriale – ma il risultato non cambia: il tempo che trascorre dall’insorgere della malattia all’inizio delle terapie ha conseguenze importanti sulla gestione clinica della stessa, sull’accesso alle terapie, l’inclusione sociale e lavorativa, la qualità della vita del paziente e del ‘caregiver’.
Le cause sono molte – di tipo culturale, sociale, sanitario e territoriale – ma il risultato non cambia: il tempo che trascorre dall’insorgere della malattia all’inizio delle terapie ha conseguenze importanti sulla gestione clinica della stessa, sull’accesso alle terapie, l’inclusione sociale e lavorativa, la qualità della vita del paziente e del ‘caregiver’.
Si tratta di un peso che grava soprattutto sulle donne, sia come pazienti che come ‘caregiver’, visto che l’incidenza delle malattie rare è maggiore nella popolazione femminile e che circa il 90% di chi assiste di persone con malattie rare è donna.
Per affrontare e tentare di dare una risposta a questi problemi, il progetto “Women in Rare” – promosso da Alexion, AstraZeneca Rare Disease in partnership con UNIAMO e in collaborazione con Fondazione ONDA – riparte con la sua seconda edizione e lancia un’indagine nazionale che mira a esplorare questo ambito per raccogliere dati utili a promuovere politiche di intervento e priorità di azione a livello nazionale.
Per affrontare e tentare di dare una risposta a questi problemi, il progetto “Women in Rare” – promosso da Alexion, AstraZeneca Rare Disease in partnership con UNIAMO e in collaborazione con Fondazione ONDA – riparte con la sua seconda edizione e lancia un’indagine nazionale che mira a esplorare questo ambito per raccogliere dati utili a promuovere politiche di intervento e priorità di azione a livello nazionale.
La ‘survey’ è rivolta a tutte le persone con una malattia rara e a chi se ne prenda cura, donne e uomini, di ogni età e provenienza.
“Women in Rare” si consolida come Think Tank che mira ad approfondire il tema dell’efficientamento del sistema di presa in carico della paziente con malattia rara, con particolare focus sul ritardo diagnostico.
“Women in Rare” si consolida come Think Tank che mira ad approfondire il tema dell’efficientamento del sistema di presa in carico della paziente con malattia rara, con particolare focus sul ritardo diagnostico.
Ketty Vaccaro, Responsabile area ricerca biomedica e salute Fondazione Censis, spiega: “L’analisi dei dati raccolti permetterà di valutare le cause e l’impatto del ritardo diagnostico sulla condizione sanitaria, sul percorso educativo e lavorativo, sulla qualità della vita, sul carico assistenziale sia dei pazienti che dei caregiver, con una particolare attenzione alle eventuali differenze di genere. Sarà importante stimare i costi economici e sociali legati al mancato riconoscimento tempestivo delle malattie, sia per le famiglie che per il sistema Paese, e a mappare le differenze territoriali in termini di accesso ai servizi, soprattutto diagnostici”, spiega. Il progetto raccoglierà informazioni anche sui costi sostenuti dalle persone con malattia rara e dalle loro famiglie: saranno valutate le spese dirette e indirette legate al ritardo diagnostico e il loro impatto sul sistema Paese. Sulla base di questi dati, grazie alla collaborazione con ALTEMS, sarà prodotto uno studio di farmaco-economia.
“Il ritardo diagnostico è una sfida per tutti i malati rari: può essere un percorso lungo, complesso, carico di tentativi, attese e costi, personali, professionali, emotivi. Con questa indagine vogliamo focalizzare l’attenzione sui racconti di pazienti e caregiver per capire, oltre alla durata del percorso, quali ostacoli si incontrano e quali conseguenze ha il ritardo nella vita quotidiana” – spiega Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO. “Approfondire il percorso della rarità in ambito socio-sanitario ed economico è un passo fondamentale per portare alla luce tutte le complessità e le conseguenze che queste malattie comportano. I dati che elaboreremo forniranno ai decisori evidenze scientifiche, permettendo di programmare azioni concrete, mirate a ridurre le disuguaglianze di genere, sanitarie e sociali”, conclude.
Proprio la costruzione di una prima base di dati, unica nel suo genere, che potesse fornire a tutti gli ‘stakeholder’ del settore un quadro dettagliato della condizione femminile nell’area delle malattie rare è stato uno dei traguardi principali raggiunti nel corso della prima edizione di “Women in Rare”, come ribadisce Anna Chiara Rossi, VP & General Manager Italy Alexion, AstraZeneca Rare Disease: “In questi anni, il progetto Women in Rare ha lavorato per affrontare le disuguaglianze che colpiscono le donne – sia pazienti che caregiver – nell’ambito delle malattie rare. Abbiamo iniziato nel 2023 con una prima indagine che, per la prima volta in Italia, ha restituito un quadro oggettivo dell’impatto che queste patologie hanno sull’universo femminile nel nostro Paese. Quest’anno, stiamo rafforzando il progetto consolidando un Think Tank il cui obiettivo è continuare a raccogliere prove scientifiche e conoscenze in questo campo” – commenta, e prosegue: “Vogliamo dimostrare, con dati concreti, come i ritardi nella diagnosi e nell’accesso alle terapie abbiano un impatto enorme non solo sulle persone affette da malattie rare, ma anche sull’intero sistema sanitario e sociale. E vogliamo lavorare con Istituzioni, Associazioni di Pazienti, comunità scientifica e tutti gli ‘stakeholder’ dell’ecosistema delle malattie rare per trovare insieme nuove linee d’azione orientate a promuovere un approccio più equo alla salute”.
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